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op de Sacro Monte in Varese

Overweging Preek - gepubliceerd: woensdag, 18 juli 2012 - 2192 woorden
Een zijaltaar in de basiliek van de Sacro Monte
Een zijaltaar in de basiliek van de Sacro Monte

Zondag 15 juli heb ik tij­dens een paar dagen van vakantie de heilige Mis mogen opdragen voor de slotzusters Romite Ambrosiane en in het hei­lig­dom van Onze Lieve Vrouw, beide op de Sacro Monte in Varese. De vriend­schap en ver­bon­den­heid met don Agostino Ferrario en de andere vrien­den van Varese is er al bijna vijfen­twin­tig jaar. Hier­on­der volgt de homilie - voor wie Ita­li­aans leest - die ik bij deze gelegen­heid heb gehou­den, eerst de versie passend bij de Romeinse ritus, daarna de homilie bij de lezingen van het nieuwe lec­tio­na­rium van de Ambrosiaanse ritus die daar wordt gevierd.

De Sacro Monte is een prach­tige plaats, werel­derf­goed van de Unesco: een berg met 16e eeuwse kapellen met scenes gewijd aan de geheimen van de rozen­krans. Boven op de berg staat de basiliek gewijd aan de Ten­hemel­op­ne­ming van Maria, met een zeer oud Mariabeel

TEMPO ORDINARIO XV DOMENICA B

Cari fra­telli e sorelle,

Per me è una gran gioia stare in mezzo a voi,

e celebrare questa Santa Messa

insieme a don Agostino Ferrario,

amico da quasi 25 anni

e con gli altri amici

che hanno condiviso spiritual­mente

en con i loro doni

la mia consacrazione epis­co­pale.

Siete nel mio cuore e nelle mie preghiere,

non posso neanche dimenticarvi

perché ogni giorno utilizzo i para­menti

e le insegne vescovili che mi avete donato.

Tante grazie!

Celebriamo la morte e la risurrezione del nostro Signore,

il sacrificio offerto per la nostra redenzione

e così in ogni Eucarestia

commemoriamo con gratitudine

che Egli ci ha liberato

dal peccato e dalla morte.

Ad ogni uomo piace essere libero.

Sentiamo vera­mente dolore

quando vediamo in televisione

situazioni di guerra e persecuzione,

gente imprigionata senza colpa,

persone abusate, maltrattate,

milioni e milioni di bambini,

costretti a lavorare dura­mente

invece di poter andare in scuola.

Ma per quanto orribile possa essere la situazione,

nonostante imprigiona­mento e tirannia,

una persona può essere libera.

Visitando il campo di con­cen­tra­mento di Ausch­witz

dove non si trova nessun simbolo religioso,

proprio nella baracca della morte,

nella cella dei condannati a morte

si può vedere scalfita la croce con Cristo,

un piccolo segno lasciato da un condannato,

un segno che là, in quella baracca di morte,

era stato un uomo

che non aveva perso la speranza,

neanche in questo terribile inferno.

Sì, proprio nella cella di morte c’era Dio!

Così il santo Massimiliano Kolbe,

quel padre francescano che in Ausch­witz

ha dato la sua vita per salvare la vita

di un gio­vane padre di famiglia,

rendeva presente in quel luogo infernale

l’amore di Dio.

Ed egli,

passando le sue ultime settimane in quella baracca

ha cantato e pregato, anche ad alta voce;

suscitando la furia dei suoi custodi,

e ha dato testimonianza di un Dio più grande

di tutta la miseria di quel momento.

Padre Massimiliano incoraggiava gli altri prigionieri,

mentre lui stesso moriva per ultimo.

In un certo senso padre Kolbe e i suoi compagni

erano liberi,

perché rinchiusi in un posto infernale, diabolico,

dove regnava l’odio, il male,

ave­vano il loro cuore aperto per il prossimo,

un cuore per Dio, un cuor libero.

Quanto invece ci può mancare una vera libertà,

pur essendo in grado di andare ovunque.

Ci manca la vera libertà

quando cerchiamo di trovare sostegno e sicurezza

nelle cose ma­te­ri­ali, nelle persone,

nel denaro, il cibo, i vestiti,

nelle cose che passano

e alla fine ci lasciano insoddisfatti.

È proprio questo che il Signore desi­dera insegnare

agli apostoli

nel vangelo di oggi

quando li manda due a due in missione,

senza pane, senza bisaccia, senza denaro nella borsa.

Certo, il Signore capisce la nostra natura umana:

manda i Dodici non soli ma due a due.

Il Signore sa che il Padre celeste

ci ha creato esseri sociali, non soli,

che abbiamo bisogno del sostegno degli altri.

La carità verso gli altri non deve mai mancare

e questa è una vocazione per tutti noi:

vivere nella carità.

Allora, li invia due a due.

Ma allo stesso tempo devono andare

senza borsa, senza pane, senza bisaccia,

senza un abito in più,

senza gli extra,

senza il sostegno di cose ma­te­ri­ali.

Una tale situazione può incutere paura:

i discepoli non possono comprare niente

per mangiare, per dormire, per vestirsi,

non hanno niente

e così dipendono completa­mente

dalla carità degli altri,

di quelli che si fanno il loro prossimo.

Ci sono alcuni ordini religiosi e nuove comunità

che mandano così i loro membri, come gli apostoli,

e alcuni che hanno fatto quell’esperienza

mi hanno raccontato come era andata:

tutti mi hanno parlato di un esperienza di libertà,

la libertà dei figli di Dio,

cioè: un esperienza della provvi­denza Divina,

di come il Signore provvede in tutto

e quali sono le cose importanti o meno importanti,

andando così senza sostegno di cose ma­te­ri­ali,

cambiava la prospettiva,

si senti­vano liberati dal timore per il giudizio degli uomini,

liberati dal timore di esprimersi, di testimoniare.

Non ci rende felice il sostegno

che cerchiamo noi

nelle cose che abbiamo, che compriamo,

le nostre vittorie.

Le cose più belle nella vita

ci sono regalate;

i doni più preziosi sono proprio

i momenti nei quali abbiamo sentito

l’amore di Dio.

La nascita di un bambino,

la scoperta della nostra vocazione,

il bene che abbiamo potuto operare,

i momenti nei quali il Signore

ha toccato la nostra anima.

Non dipendono dalle cose ma­te­ri­ali,

anzi, può darsi che proprio un periodo di miseria

ci ha aperto di nuovo

i veri tesori della vita.

Ad ogni modo, per trovare Dio,

per sentire la Sua bontà,

è molto importante

staccarsi un po’ dai nostri disegni, dai nostri desi­deri

e dalle cose ma­te­ri­ali, transitorie.

Un regalo è bello

non tanto per il suo valore ma­te­ri­ale

quanto per l’amore espresso in esso.

La nostra vita diventa un regalo grandissimo

quando scopriamo l’amore di Dio,

e ci apriamo ad esso,

dimenticando un po’ le nostre domande e preoccupazioni.

Maria santissima,

presente qui nel suo santuario,

è nostro esempio e modello.

Lei ha potuto dire senz’indugio: Si,

alla volontà di Dio:

“Eccomi, sono la serva del Signore,

avvenga di me quello che hai detto”.

E Lei che c’esorta a dire e fare lo stesso:

“Fate quello che vi dirà”

Chi si apre alla volontà di Dio,

è libero e diventa sempre più libero.

Maria, Madre di Dio e nostra Madre

ci aiuti ad aprirci sempre di più

per il disegno del suo Figlio.

AMEN

TEMPO ORDINARIO VII DOMENICA B dopo Pentecoste VARESE SACRO MONTE Cari fra­telli e sorelle, Per me è una gran gioia stare in mezzo a voi, e celebrare questa Santa Messa insieme a don Agostino Ferrario, amico da quasi 25 anni e con gli altri amici che hanno condiviso spiritual­mente en con i loro doni la mia consacrazione epis­co­pale. Siete nel mio cuore e nelle mie preghiere, non posso neanche dimenticarvi perché ogni giorno utilizzo i para­menti e le insegne vescovili che mi avete donato. Tante grazie! Celebriamo la morte e la risurrezione del nostro Signore, il sacrificio offerto per la nostra redenzione e così in ogni Eucarestia commemoriamo con gratitudine che Egli ci ha liberato dal peccato e dalla morte, che Egli ha vinto il mondo, come ci dice nel Vangelo. Ad ogni uomo piace essere libero, avere la pace, vincere il mondo e tutte le angoscie del mondo. Sentiamo vera­mente dolore quando vediamo in televisione situazioni di guerra e persecuzione, gente imprigionata senza colpa, persone abusate, maltrattate, milioni e milioni di bambini, costretti a lavorare dura­mente invece di poter andare in scuola. Ma per quanto orribile possa essere la situazione, nonostante imprigiona­mento e tirannia, una persona può essere libera e in pace, vincere il mondo. Visitando il campo di con­cen­tra­mento di Ausch­witz dove non si trova nessun simbolo religioso, proprio nella baracca della morte, nella cella dei condannati a morte si può vedere scalfita la croce con Cristo, un piccolo segno lasciato da un condannato, un segno che là, in quella baracca di morte, era stato un uomo che non aveva perso la speranza, neanche in questo terribile inferno. Sì, proprio nella cella di morte c’era Dio! Così il santo Massimiliano Kolbe, quel padre francescano che in Ausch­witz ha dato la sua vita per salvare la vita di un gio­vane padre di famiglia, rendeva presente in quel luogo infernale l’amore di Dio. Faciendo così, ha dato un segno che Cristo ha vinto il mondo, il peccato, la morte. Ed egli, passando le sue ultime settimane in quella baracca ha cantato e pregato, anche ad alta voce; suscitando la furia dei suoi custodi, e ha dato testimonianza di un Dio più grande di tutta la miseria di quel momento. Padre Massimiliano incoraggiava gli altri prigionieri, mentre lui stesso moriva per ultimo. In un certo senso padre Kolbe e i suoi compagni ave­vano vinto il mondo in Cristo. perché rinchiusi in un posto infernale, diabolico, dove regnava l’odio, il male, ave­vano il loro cuore aperto per il prossimo, un cuore per Dio, un cuor libero, in pace. Quanto invece ci può mancare una vera libertà e una vera pace, pur essendo in grado di andare ovunque e avere tutto che ci piace. Ci manca la vera libertà e la vera pace quando cerchiamo di trovare sostegno e sicurezza nelle cose ma­te­ri­ali, nelle persone, nel denaro, il cibo, i vestiti, nelle cose che passano e alla fine ci lasciano insoddisfatti. È proprio questo che il Signore desi­dera insegnare agli apostoli, è questa la grazia che intende comunicare ai suoi discepoli nel vangelo di oggi: di poter stare in pace nonostante le tribolazioni del mondo. Ho conosciuto una donna che aveva perso i suoi quattro figli, tutti circa l’età di 45 anni. Per lei natural­mente un grandissimo dolore, ma allo stesso tempo non la lasciava quella pace in Cristo. Era una donna ma­te­ri­almente povera, ma forte, molto forte nella fede. Era un esempio per me quella donna che si in tutto abbandonava alla volontà di Dio, alla Sua Provvi­denza. Alcuni ordini religiose e comunità cerchano di far vivere i loro membri quest’esperienza, mandandoli due a due come gli apostoli, senza borsa, senza pane, senza bisaccia, senza un abito in più, senza gli extra, senza il sostegno di cose ma­te­ri­ali. Una tale situazione può incutere paura: non possono comprare niente per mangiare, per dormire, per vestirsi, non hanno niente e così dipendono completa­mente dalla carità degli altri, di quelli che si fanno il loro prossimo. Alcuni che hanno fatto quell’esperienza mi hanno raccontato come era andata: tutti mi hanno parlato di un esperienza di libertà, di gioia e di pace, cioè: un esperienza della provvi­denza Divina, di come il Signore provvede in tutto e quali sono le cose importanti o meno importanti, andando così senza sostegno di cose ma­te­ri­ali, cambiava la prospettiva, si senti­vano liberati dal timore per il giudizio degli uomini, dalla dipen­denza di cose ma­te­ri­ali liberati dal timore di esprimersi, di testimoniare. Impara­vano così a vincere il mondo in Cristo. Non ci rende felice il sostegno che cerchiamo noi nelle cose che abbiamo, che compriamo, le nostre vittorie. Le cose più belle nella vita ci sono regalate; i doni più preziosi sono proprio i momenti nei quali abbiamo sentito l’amore di Dio. E proprio queste sono le esperienze che ci possono guidare. La nascita di un bambino, la scoperta della nostra vocazione, il bene che abbiamo potuto operare, i momenti nei quali il Signore ha toccato la nostra anima. Non dipendono dalle cose ma­te­ri­ali, anzi, può darsi che proprio un periodo di miseria ci ha aperto di nuovo i veri tesori della vita e ci ha dato una nuova pace, più profonda. Ad ogni modo, per trovare Dio, per sentire la Sua bontà, è molto importante staccarsi un po’ dai nostri disegni, dai nostri desi­deri e dalle cose ma­te­ri­ali, transitorie. Dobbiamo vincere il mondo con Cristo e in Cristo! La nostra vita diventa un regalo grandissimo con un futuro splendido quando scopriamo l’amore di Dio, e ci apriamo ad esso, dimenticando un po’ le nostre domande e preoccupazioni. Maria santissima, presente qui nel suo santuario, è nostro esempio e modello. Lei ha potuto dire senz’indugio: Si, alla volontà di Dio: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E Lei che c’esorta a dire e fare lo stesso: “Fate quello che vi dirà” Chi si apre alla volontà di Dio, è libero e diventa sempre più libero, può vincere il mondo e trovare la pace. Maria, Madre di Dio e nostra Madre ci aiuti ad aprirci sempre di più per il disegno del suo Figlio. AMEN

Terug